Il nucleo costumistico originario

Caramba, fondo Cornalba-Chiappa

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Come precedentemente illustrato, la carriera costumistica della famiglia Pipi inizia intorno al 1947, con un consistente acquisto milanese di abiti antichi, costumi di scena e figurini di costume. Si tratta di un lotto che annovera alcuni tra i più importanti interpreti della scena meneghina tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del XX secolo.

Caramba, al secolo Luigi Sapelli (1865-1936), nacque a Pinerolo, ebbe formazione torinese e carriera prevalentemente milanese. Autodidatta, pubblicista in età giovanile a Torino, si formò ad una maniera giornalistica descrittiva per immagini; con essa riferiva delle cronache teatrali dalle pagine di testate come la «Libellula», «Il Buontempone», «Re Pipino», «La Rivista velocipedista», «Il Giardinaggio», il «Fischietto» e la «Gazzetta del popolo» (dal 1890), «La Luna» (dal 1895), «Il Pasquino»; “narrava cioè la trama delle “novità” che si rappresentavano nei teatri torinesi attraverso una serie di vignette caricaturali. E le sue critiche – com’ebbe a rilevare un suo biografo – “erano le più lette, le più gradite, e spesso le più acute per l’analisi dei pregi e dei difetti della trama, dell’interpretazione, della messa in scena, di cui rivelava ogni stortura, ogni ridicolaggine”. Il suo esordio come costumista è datato 1894 per l’opera A basso porto, di Nicola Spinelli; d’impresa in impresa, altra significativa esperienza è datata 1897, quando raccoglie l’invito del capocomico Ciro Scognamiglio (della Compagnia Italiana operette comiche Scognamiglio) a mettere in scena tre operette: D’Artagnan, Rolandino e La Cicala e la formica, imprese che ebbero un ottimo riscontro di pubblico e critica. Impegnato con successo in molteplici produzioni teatrali d’Italia e d’America, aderì al progetto di fondazione del “Teatro d’Arte” (già Teatro Gerbino) a Torino, prendendone in carico la parte pittorica (1898).

Dopo una fortunata collaborazione col capocomico Giulio Marchetti (dal 1900), Caramba – che già collaborava con il Teatro alla Scala dal 1904) – si trasferirà a Milano su invito degli impresari Emilio Suvini e Luigi Zerboni (dal 1906). Con loro il Sapelli recupera alla scena meneghina alcuni teatri (Eden, Dal verme, Lirico Internazionale, Fossati, Olympia, Verdi, Stabilini) ed i generi dell’operetta e della prosa. Qui rileverà una sartoria teatrale che con lui prende in nome di “Casa di confezione di costumi d’arte”, presso il teatro Eden. Successivamente, nel 1909, sempre a Milano fu fondatore della prestigiosissima sartoria teatrale “Casa di costumi d’arte Caramba A. Sapelli & Co.”, con sede in via San Nicolao 14 e filiali a Parigi e New York. Dal 1922 al 1936 fu anche Direttore dell’Allestimento scenico del Teatro alla Scala, primo a ricevere tale incarico.

Lo stile di Caramba è filologico e rigorosissimo, appuntato su di una personale biblioteca che conta oltre 40mila volumi, e corroborato da una formidabile memoria visiva. Il risultato finale è nel solco dei grandi costumisti della Maniera rinascimentale italiana o “all’italiana”, laddove, ad un impianto storicistico estremamente fedele si sovrappone una freschezza di toni, motivi e caratteri unitamente a grande dovizia di particolari, tutti caratteri che rendono ogni figurino un’opera d’arte autonoma e a se stante. Tale attitudine implicava anche un piglio collezionistico molto pronunciato sui mercati antiquari e sui patrimoni delle famiglie aristocratiche europee in disfacimento. Un forte impulso a tale attitudine, sul versante ecclesiale, fu rappresentato dalle cosiddette “leggi eversive” del biennio 1866-1867 (R.D. n. 3036 del 7 luglio 1866; L. n. 3848 del 15 agosto 1867), che implicarono la soppressione di tutti gli ordini religiosi maschili e femminili d’Italia, così come di tutte le confraternite religiose, con la conseguente “liquidazione dell’asse ecclesiastico” (fonti iconografiche, testuali, d’archivio e repertoriali) verso i costituendi musei nazionali o civici, così come verso i mercati antiquari d’Italia ed internazionali. Anche sulla scorta delle caratteristiche patrimoniali del fondo Caramba Cornalba-Chiappa oggi di proprietà della famiglia Pipi, possiamo vedere confermato questo orientamento di metodo, volto alla collezione di capi d’origine civile, ecclesiale e militare da utilizzare come modelli sartoriali o come veri e propri costumi di scena.

Nel suo ruolo di costumista e titolare di sartoria, Sapelli si riforniva di stoffe, passamanerie e bordure presso Mariano Fortuny a Venezia. Quando non acquistava dallo scenografo “veneziano”, disegnava e stampava le stoffe di costume nello stabilimento della “sua” Casa d’arte, sovente ricorrendo ad interventi di ritaglio dei motivi ornamentali stampati e di riporto su tessuto diverso, con ulteriori ritocchi di colore e materici. Diverso il rapporto di Caramba con la scena ed il set statunitensi. Poiché allora vi erano richiesti stoffe, costumi e decori molto più dozzinali che sulla scena italiana, Sapelli progetta in modo più spedito, cercando di non scadere, tuttavia, nell’esito agli occhi del pubblico. Il giudizio riportato da Marco Montedoro, suo collaboratore, è più che esplicito: «I direttori di teatro e di cinematografo sono dei pellicciai, ex mercanti di robavecchi, ex barbieri, ex tutto ciò che vorrai eccetto degli artisti di cultura e coraggio»; per cui, a Caramba è richiesto – dal Metropolitan di New York nel 1911: «Siccome si tratta di costumi che dovranno essere eseguiti in America, la prego di evitare stoffe rare, disegni e ricami complicati. Che tutto sia elegante e fino ma piuttosto semplice».

Sue clienti furono le più importanti cantanti d’opera ed attrici tra la fine del XIX e gli anni venti del Novecento. Tra loro Eleonora Duse, ad esempio, la quale “[…] nel 1904 spende 2000 lire (circa 13 milioni attuali) soltanto per un mantello di scena molto speciale. Le serve per Monna Vanna di Maurice Maeterlink e ne fa richiesta a Caramba: «Vorrei per Monna Vanna un mantello di velluto, color bleu … ma non precisamente bleu ossia di un bleu che io so ma che non posso completamente spiegare. Cercate di comprendermi, voi che siete un grande figurinaio, un artista. Quello che io vorrei è un bleu color del lago di Pallanza (oh, ricordate?) alle quattro del pomeriggio!». Un mese dopo, nell’aprile 1904, Caramba annota nel suo diario di essere arrivato a Pallanza alle 17, ma che fortunatamente il lago lo aveva aspettato senza cambiare colore, per cui “dopo sapienti manipolazioni, il velluto per il gran manto di Monna Vanna raggiunse quel punto di azzurro cupo mobile e variegato sentito dalla Duse”. Si rifornirono presso la Casa d’arte anche Tina Di Lorenzo, Emma ed Irma Gramatica, Lydia Borelli, Dina Galli, Virginia Reiter, Maria Melato e, fra gli attori, Andrea Maggi, Ermete Novelli, Ruggero Ruggeri, Gualtiero Tumiati, Ermete Zacconi, molte e molti altri, anche in considerazione del fatto che la Casa intraprese, oltre che la via dell’Opera, dell’Operetta, di caroselli, cortei e rievocazioni storiche in costume e quella del cinematografo, con molte produzioni e collaborazioni sceniche-costumistiche.

Il fondo vestimentario della Sartoria Pipi riconducibile a Luigi Sapelli ed alla sua Casa d’arte è nutrito ma di incerta attribuzione, per diverse ragioni: primo, perché esso transita nella collezione Pipi per il tramite della sartoria teatrale Chiappa-Cornalba di Milano, secondo dinamiche patrimoniali non ancora chiare. Pertanto, ad oggi non è possibile stabilire con certezza ciò che va ricondotto direttamente a Caramba da ciò che proviene da altri ambiti milanesi. Certo è che si distinguono in esso due tipologie fondamentali: il costume di scena propriamente detto e l’abito antico prestato alla scena, che esso sia di origine aristocratica, popolare, cultuale o ecclesiale. Un secondo distinguo è possibile fare nell’ambito della costumistica vera e propria, perché se ne osservano due livelli fondamentali: il costume attentamente ricercato, con stampe o motivi di decoro tessile estremamente raffinati; e quello più sciolto, di mano veloce, ossequiante, forse, una committenza che ama andar più spicciola e spedita sulla scena.

Più omogeneo è invece l’apparato documentario conservato nell’archivio Pipi, riconducibile nuovamente al binomio Caramba Chiappa-Cornalba. Si ricorda che la sartoria teatrale Chiappa è tra le più in vista di Milano a cavallo tra XIX e XX secolo, fornitrice alla Scala dal 1899 al 1918. Con sede in via Olmetto 10, ebbe succursali a Torino ed a Roma. Successivamente, stringerà società con i Cornalba, divenendo così Cornalba Chiappa, con sede in via Calatafimi 7, poi Chiappa Cornalba Carla, ivi, al n. 9. In una splendida sequenza d’immagini, tutte in stato di conservazione men che discreto o buono, scorrono almeno nove illustratori, scenografi e costumisti tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, tutti, in un modo o nell’altro, legati all’ambiente milanese. Vi si annoverano nuclei riferibili a: A.C. (Attilio Comelli, 1858-1925), Salvatore Corvaia (anche Corvaja o Corvaya, 1872-1962), Alfredo Leonardo Edel (1856-1912), Adolf Hohenstein (1854-1958), Marco Montedoro (1887-1947), Giuseppe Palanti (1881-1946), lo stesso Sapelli, Enea Tornaghi (1830-post 1885), Aleardo Villa (1865-1906). Un ulteriore nucleo di figurini non è ancora riconducibile ai costumisti di riferimento, mentre dal medesimo ambiente milanese proviene un figurino per le vestizioni del Carnevale ambrosiano del 1889.

Gli Artisti

ATTILIO COMELLI

(1858-1925)
Attilio Comelli

MARCO MONTEDORO

(1887-1947)
Marco Montedoro

SALVATORE CORVAJA

(1872-1962)
Salvatore Corvaja

GIUSEPPE PALANTI

(1881-1946)
Giuseppe Palanti

ALFREDO EDEL

(1856-1912)
Alfredo Edel

ENEA TORNAGHI

(1830-post 1899)
Enea Tornaghi

ADOLF HOHEINSTEIN

(1854-1928)
Adolf Hohentein

ALEARDO VILLA

(1865-1906)
Aleardo Villa